La terra non è una risorsa inesauribile, ma un ecosistema delicato che ha bisogno di essere nutrito e ripristinato. L’agricoltura rigenerativa emerge come la risposta più convincente all’urgenza climatica e al degrado dei suoli, ponendosi come un modello in grado di rovesciare la tendenza estrattiva dell’agricoltura convenzionale. Non si tratta solo di ridurre i danni, ma di rigenerare attivamente la salute del suolo, incrementando la sua sostanza organica e la biodiversità. Ma come si garantisce l’autenticità di questo approccio? La risposta sta nella certificazione per l’agricoltura rigenerativa, un elemento cruciale per distinguere l’impegno reale dal semplice “greenwashing”.

Che Cosa Significa Davvero “Rigenerativo”?
A differenza di una semplice “sostenibilità” che mira a mantenere lo status quo, l’approccio rigenerativo si focalizza sul miglioramento continuo. I suoi pilastri fondamentali, come evidenziato anche da standard internazionali quali il Regenerative Organic Certified (ROC) e quelli proposti da enti come Bioagricert e Rainforest Alliance, sono chiarissimi:
- Salute del Suolo (Soil Health): L’obiettivo principale è l’aumento della materia organica, della vita microbica e della capacità di ritenzione idrica. Un suolo sano può trattenere acqua fino a 20 volte il suo peso, rendendo le colture più resilienti a siccità e alluvioni.
- Benessere Animale (Animal Welfare): Per le aziende che integrano l’allevamento, vengono richieste pratiche che garantiscano alle bestie di manifestare i loro comportamenti naturali, con ampio accesso al pascolo.
- Equità Sociale (Fairness): Si pone attenzione anche alle condizioni di lavoro, all’equità per gli agricoltori e i lavoratori agricoli.
L’agricoltura rigenerativa si basa su pratiche specifiche che promuovono questi principi: minima o nessuna lavorazione del terreno (no-till), l’uso costante di cover crop (colture di copertura), la rotazione delle colture, e l’integrazione di fertilizzanti organici come il compost. Tali pratiche non sono fini a sé stesse, ma mirano a risultati misurabili: dal sequestro del carbonio nel suolo all’incremento della biodiversità.
I Benefici Misurabili: Più del Semplice Ambiente
L’adozione di un approccio rigenerativo porta con sé vantaggi tangibili che vanno oltre la sfera ambientale, toccando l’economia e la sicurezza alimentare:
- Sequestro di Carbonio: Il suolo, se gestito correttamente, diventa un potente serbatoio di CO2, contribuendo in modo significativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Questo meccanismo può aprire la strada alla generazione di crediti di carbonio.
- Resilienza Climatica: Come già accennato, un suolo ricco di sostanza organica è più resistente agli eventi meteorologici estremi. Le aziende agricole rigenerative mostrano una maggiore capacità di assorbire l’acqua durante le piogge intense e di trattenerla durante la siccità.
- Redditività Economica: Non è una semplice spesa, ma un investimento. La riduzione o eliminazione degli input chimici e la minore necessità di irrigazione (grazie alla migliore ritenzione idrica) si traducono in risparmi economici sugli input. Uno studio dell’European Alliance for Regenerative Agricolture (EARA) ha addirittura evidenziato che le aziende rigenerative ottengono mediamente una produttività superiore del 27% rispetto a quelle convenzionali in alcuni contesti.
L’Importanza Cruciale della Certificazione: Garanzia di Serietà
Poiché, a differenza del biologico, l’agricoltura rigenerativa non è ancora definita da un’unica normativa statale o europea, le certificazioni volontarie assumono un ruolo fondamentale. Sono lo strumento che garantisce al consumatore e alla filiera che le pratiche dichiarate siano effettivamente implementate e, soprattutto, che portino a risultati concreti.
Certificazioni internazionali di rilievo:
- Regenerative Organic Certified (ROC): Uno standard istituito dalla Regenerative Organic Alliance (ROA), si basa su tre livelli (Bronzo, Argento, Oro) ed esige la certificazione biologica come base di partenza. Valuta in modo rigoroso la salute del suolo, il benessere degli animali e l’equità sociale. L’ente di certificazione italiano ICEA è tra quelli che operano per questo standard.
- Standard di Agricoltura Rigenerativa (SAR) di Rainforest Alliance: Un quadro di riferimento che si concentra su risultati misurabili, con un’attenzione particolare al miglioramento continuo e all’adattamento contestuale, partendo da colture come il caffè, con estensioni previste ad altre come cacao e tè.
- Standard Bioagricert: Enti come Bioagricert hanno sviluppato propri standard che si concentrano su principi chiave come il bilanciamento dei nutrienti del suolo, il mantenimento della copertura e la riduzione degli interventi meccanici, oltre all’incremento della sostanza organica.
La certificazione agricoltura rigenerativa richiede che gli operatori non solo applichino le pratiche (es. colture di copertura), ma che dimostrino i risultati attraverso analisi del suolo periodiche. Ad esempio, per la certificazione ROC sono richiesti test di laboratorio sulla salute del suolo e test macroscopici, da eseguire ogni due anni dopo il primo ciclo, per valutare l’efficacia delle pratiche adottate. Questo approccio basato sulla misurazione è ciò che rende la certificazione uno scudo contro il rischio di greenwashing.
Un Esempio Concreto: L’Impatto in Italia
Il mercato italiano sta vedendo i primi frutti di questa tendenza. Un caso emblematico è l’introduzione della certificazione RGN (Regenerative Guarantee Network), che ha recentemente certificato il primo prodotto in Italia: un biscotto realizzato con farina di grano tenero 100% rigenerativa. Questo segna un momento chiave, evidenziando come la certificazione agricoltura rigenerativa stia uscendo dalla nicchia per entrare nel mercato di massa, spinta dalla domanda dei consumatori per prodotti che non sono solo “meno dannosi”, ma che contribuiscono attivamente al ripristino ambientale.
L’impegno nella agricoltura rigenerativa certificata non è una moda passeggera, ma la dimostrazione di una visione a lungo termine: un’agricoltura che ricostruisce il capitale naturale e offre agli agricoltori una maggiore stabilità economica. Scegliere un prodotto con certificazione rigenerativa significa supportare un sistema alimentare che cura il pianeta e chi ci lavora. Questo approccio olistico, che lega la salute del suolo alla resilienza climatica e all’equità sociale, è la chiave per un futuro alimentare più sicuro e prospero.
Domande Frequenti (FAQ) sulla Certificazione Rigenerativa
Che differenza c’è tra agricoltura biologica e certificazione rigenerativa?
L’agricoltura biologica, regolamentata a livello UE, vieta l’uso di sostanze chimiche di sintesi. L’agricoltura rigenerativa è un approccio olistico che, pur condividendo molti principi del bio, si concentra esplicitamente su risultati misurabili di miglioramento continuo: aumento della sostanza organica nel suolo, sequestro di carbonio, biodiversità e aspetti di equità sociale. La certificazione ROC, ad esempio, richiede la base biologica.
Quali sono i principali standard di certificazione rigenerativa riconosciuti?
I più noti a livello internazionale sono il Regenerative Organic Certified (ROC), che si basa sui tre pilastri di salute del suolo, benessere animale ed equità sociale, e lo Standard di Agricoltura Rigenerativa (SAR) di Rainforest Alliance. In Italia si sta diffondendo anche la certificazione RGN. Questi standard garantiscono la trasparenza e la misurabilità delle pratiche rigenerative.
Quanto incide la certificazione rigenerativa sull’economia dell’azienda agricola?
L’investimento iniziale per la conversione e la certificazione viene bilanciato nel tempo dal risparmio sugli input (meno fertilizzanti, meno acqua) e da una maggiore stabilità produttiva data dalla resilienza climatica del suolo. Inoltre, la certificazione può consentire l’accesso a mercati premium e alla possibilità di generare entrate aggiuntive tramite la vendita di crediti di carbonio.
