Tesla beffa i dazi di Trump: ecco perché tutti pagano tranne Elon Musk

Redazione Campania

Mentre i nuovi dazi imposti dall’ex Presidente Donald Trump scuotono l’intera industria automobilistica statunitense, Tesla potrebbe essere l’unica grande casa automobilistica a non subirne gravi conseguenze. La strategia produttiva di Elon Musk, fondata sull’integrazione verticale e la localizzazione negli Stati Uniti, sta infatti offrendo al colosso dei veicoli elettrici un vantaggio competitivo che i concorrenti faticano a replicare.

Tesla beffa i dazi di Trump

Dazi alle stelle: un colpo per l’industria, ma non per tutti

Dal 26 marzo 2025, è entrata in vigore una tariffa del 25% sulle automobili e i componenti importati, seguita da un’imposta del 10% su tutte le importazioni all’inizio di aprile. Queste misure, pensate per rilanciare la produzione interna, rischiano di avere un effetto contrario, almeno secondo il CEO di Ford, Jim Farley, che ha parlato di un possibile “buco nell’industria automobilistica americana”.

Eppure, Tesla potrebbe cavarsela meglio di chiunque altro. Il motivo? La quasi totalità della produzione destinata al mercato nordamericano avviene già sul suolo statunitense. Inoltre, l’azienda soddisfa un requisito chiave delle nuove regole tariffarie: almeno l’85% dei componenti delle sue auto è di origine nazionale. Questo consente a Tesla di evitare del tutto alcuni dazi che peseranno invece sulle casse di altri produttori.

Un’esenzione (quasi) su misura per Tesla

Il nuovo regime tariffario prevede rimborsi parziali – fino al 3,75% del valore del veicolo – per le auto prodotte negli USA, ma solo per un periodo limitato. Tuttavia, chi utilizza almeno l’85% di componenti nazionali può ottenere l’esenzione totale dai dazi sui componenti, un traguardo raggiunto oggi solo da Tesla.

Secondo Eric Budd di Boulder Progressives, questa norma rappresenta “una corsia preferenziale praticamente ritagliata su misura per Tesla”. Al contrario, molte altre case automobilistiche dipendono da impianti in Messico, Canada o Asia, e dovranno affrontare costi aggiuntivi significativi o investire miliardi per rilocalizzare la produzione negli Stati Uniti.

Una strategia vincente, ma non senza rischi

Nonostante questi vantaggi strategici, Tesla non è immune dalle difficoltà. Il crollo del 71% dei profitti nel primo trimestre 2025 è stato attribuito a un forte calo della domanda, in parte dovuto alla controversa associazione di Elon Musk con Trump e con la criptovaluta Dogecoin (DOGE), dalla quale il CEO ha recentemente preso le distanze.

Inoltre, la guerra dei dazi ha avuto ripercussioni anche sui mercati internazionali. La Cina ha risposto con un’imposta del 125% sulle auto americane, costringendo Tesla a ritirare Model X e S dal mercato cinese, con gravi perdite a livello globale. Un problema che colpisce anche altri produttori USA, ma che per Tesla rappresenta un contrappeso al vantaggio interno.

Conclusione: Tesla favorita, ma l’incertezza resta

Mentre molte aziende del settore automotive si preparano a fronteggiare un periodo turbolento, Tesla potrebbe attraversare la tempesta con danni limitati, grazie a una struttura produttiva già radicata negli Stati Uniti e a un sistema di approvvigionamento in larga parte nazionale.

Tuttavia, molto dipenderà da come evolveranno le politiche tariffarie nei prossimi mesi e da quanto i consumatori saranno disposti a premiare o punire l’immagine del marchio.

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