Nel contesto del commercio al dettaglio e all’ingrosso, si sente spesso parlare di “ricarico minimo per legge”. Ma esiste davvero una soglia legale di ricarico minimo? Quali sono i limiti imposti dalla normativa italiana? E soprattutto: cosa possono (e non possono) fare i commercianti per determinare i prezzi di vendita?
Chiariamo se esistono leggi che regolano il ricarico minimo, quando si applicano, quali settori sono coinvolti e cosa prevede il Codice del Consumo.

Cosa si intende per “ricarico”
Il ricarico è la percentuale che un venditore aggiunge al costo di acquisto di un bene per determinare il prezzo di vendita al pubblico. Ad esempio, se un prodotto costa al dettagliante 10 euro e viene venduto a 15 euro, il ricarico è del 50%.
Il ricarico serve a:
- coprire i costi di gestione (affitto, stipendi, tasse),
- garantire un margine di profitto.
Esiste un ricarico minimo per legge?
In Italia non esiste una legge generale che imponga un ricarico minimo obbligatorio per tutte le categorie merceologiche. I commercianti, in linea di principio, sono liberi di fissare i prezzi, nel rispetto delle norme sulla concorrenza leale e sulla tutela del consumatore.
Eccezioni e settori regolamentati
Tuttavia, esistono alcuni settori in cui il prezzo di vendita (e dunque anche il ricarico) è soggetto a limiti o regolamentazioni specifiche. Tra i più rilevanti:
- Farmaci – Il prezzo di vendita di alcuni medicinali è regolato dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), con margini stabiliti per le farmacie.
- Fonte: AIFA – Prezzi dei farmaci
- Carburanti – I prezzi sono liberalizzati ma soggetti a obblighi di trasparenza verso i consumatori.
- Prezzi imposti o consigliati – In alcuni casi, come nel settore editoriale (libri), esistono prezzi di copertina imposti (Legge n. 128/2011), con limiti di sconto e promozione.
Vendita sottocosto: un caso limite
Un’altra pratica da considerare è la vendita sottocosto, ovvero quando un prodotto viene venduto a un prezzo inferiore al suo costo di acquisto.
La vendita sottocosto è lecita, ma regolamentata dal Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005, art. 15 e seguenti). È ammessa:
- solo in determinati periodi promozionali,
- previa comunicazione al Comune di riferimento,
- per un numero limitato di giorni e prodotti.
L’obiettivo è evitare forme di concorrenza sleale o dumping commerciale.
Fonte ufficiale: Codice del Consumo – Normattiva
Antitrust e concorrenza sleale
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) vigila affinché i prezzi praticati non siano frutto di accordi anticoncorrenziali (come i cartelli di prezzo) o abusi di posizione dominante.
Ogni accordo tra imprese che imponga un ricarico minimo o massimo uniforme può violare le regole europee della libera concorrenza (art. 101 TFUE).
Fonte autorevole: AGCM – Autorità Garante della Concorrenza
Conclusione: libertà di prezzo, con regole
In sintesi, non esiste un ricarico minimo per legge valido in ogni settore. I commercianti possono applicare liberamente il ricarico desiderato, fatta eccezione per:
- i settori regolamentati,
- i casi di prezzo imposto,
- le vendite sottocosto soggette a limiti.
Per i consumatori, è fondamentale conoscere i propri diritti in termini di trasparenza, pubblicità dei prezzi e pratiche commerciali scorrette.
Per gli imprenditori, è altrettanto essenziale muoversi entro i confini della legge per evitare sanzioni e danni reputazionali.